L’infanzia, la crescita, la perdita dell’innocenza. Questi sono gli argomenti che vengono trattati in una fredda mattina di Novembre al cinema Due Giardini, dove in occasione del Sottodiciotto Film Festival è stato proiettato per le scuole il film animato Il Bambino che scoprì il mondo. La presentazione del maestro di Capoeira Contramestre Boneco si è trasformata in un breve spettacolo interattivo, che ha coinvolto il giovane pubblico riuscendo con successo a catturarne l’attenzione, in previsione di un film semplice nella forma quanto stratificato nel significato.
L’animazione presenta uno stile volutamente stilizzato e infantile, rappresentando un mondo pregno di colori, musica e movimento in puro stile sudamericano. Una favola moderna che viene sapientemente raccontata attraverso immagini, capace di trasmettere messaggi estremamente complessi come il consumismo, il decadimento della società e lo sfruttamento attraverso contrasti di forme e colori su un imperante sfondo bianco; agli occhi di un bambino realtà e fantasia coincidono, ed ecco che un banale treno diventa un lungo verme grigio con una pipa in bocca e navi da carico si trasformano in giganteschi mostri di metallo, mentre le immense metropoli brasiliane assumono la forma di formicai. Lo stesso esercito si vede trasformato in una parata, con le armi che diventano strumenti musicali e i carri armati che assumono tratti animali.
Sebbene sia una proiezione per le scuole, i temi trattati si rivelano essere molto più complessi del previsto, al punto che solo un adulto potrebbe arrivare a capire come mai, a metà della proiezione, le immagini animate lascino il posto a frammenti di riprese dal vivo che documentano la devastazione attuata dall’uomo ai danni della foresta amazzonica, o perché le figure alla televisione sfoggino sorrisi oscenamente grandi e smaglianti. Un fiaba muta si trasforma dunque anche in uno strumento di denuncia verso la società umana, verso il mondo degli adulti, colpevoli di aver perso quella scintilla di innocenza che permetteva loro di apprezzare fino in fondo le cose semplici come una canzone, un sasso colorato o una nuvola.
Magistralmente composto e adatto a tutta la famiglia, con un finale agrodolce che giunge come la realizzazione di un presagio sentito ma mai veramente espresso, una somma delle esperienze vissute dal protagonista nel corso della vicenda, una nota malinconica a cui viene accostato un ultimo, chiaro messaggio di speranza: finché al mondo esisteranno bambini e persone capaci di guardare il mondo con innocenza, allora la bellezza non potrà mai essere sconfitta. Un messaggio per cui non servono parole, e che anche il pubblico in sala, con il suo rapito silenzio e l’applauso finale, pare abbiano raccolto.